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capitolo primo. 263

o da parte della cosa della quale altri cerca d’avere gloria; che è cosa vana, fragile e non degna di gloria: o quando altri cercasse d’avere gloria dalla cosa che non ha; della quale vanità dice il profeta Ieremia: Vana sunt opera eorum et risu digna: L’opere loro sono vane e degne di riso; cioè, ch’altri se ne faccia beffe. Il secondo modo si è da parte di colui o di coloro da’ quali altri vuole avere la gloria, cioè dagli uomini; il cui giudicio è incerto e il più delle volte falso, e però è vano; de’ quali dice il Salmista: Universa vanitas omnis homo vivens; e in un altro luogo: Dominus scit cogitationes hominum, quoniam vanoe sunt: Ogni uomo vivente è tutta vanità, e Iddio sa bene ch’e’ pensieri degli uomini sono vani. Il terzo modo è detto la gloria vana da parte di colui che disidera la gloria; che non ordina l’appetito suo in debito fine, cioè all’onore di Dio, e alla salute sua e del prossimo. Della quale vanità dice il profeta Ieremia: Ambulaverunt post vanitatem, et vani facti sunt: Gli uomini sono andati dietro alla vanità, e sono fatti vani. Ragionevolmente, adunque, è detta gloria vana quella la quale altri desidera d’avere di cosa vana, e da cosa vana, e per cosa vana. Et è cosa vana, come dice Ugo di santo Vittore, quella che non dura a quello che l’ha,1 non prende frutto di quello che fa,2 e mai non giugne al termine dove va. Onde Salamone, considerando in queste cose create questa vanità, dicea: Vanitas, vanitatum, et omnia vanitas: Il mondo è vanità di vanitadi, e ogni cosa è vanità. L’altra lettera ha vanitantium, cioè degli uomini che si vaneggiano; quasi dica: Vanità sono le cose di che gli uomini vanamente si gloriano. Vani sono gli uomini che desiderano d’avere la vanagloria, o vero da’ quali

  1. In tutte le stampe, e ancora nel Manoscritto, ch' ell' ha; e in quella degli Accademici, che mal provvidero a chiarezza: di ch' ell' ha. Prendemmo licenza di sciogliere l'antica lettera chellha, e di sopprimere la l soverchia, come si è fatto, parendoci che questo, e non altro, debba qui essere il sentimento: non dura a (come in o per) quello (colui) che l'ha (l'alietta o prova in sè stesso).
  2. Di quello che fa manca, con prediguidizio del senso e della euritmia, nel Manoscritto e nella stampa del Salviati.
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