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Dialetto veneto occidentale

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Voce principale: Lingua veneta.
Veneto occidentale
Parlato inItalia (bandiera) Italia
Parlato inProvincia di Verona
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
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        Veneto
         Dialetto veneto occidentale
Estratto in lingua
In dialetto veronese:
Tuti i èsari umani i naze lìbari e conpanji par denjetà e deriti. Je dotè de razón e de cosiensa, e i ga da conportarse fra de lori con spirito de fradelansa.

Il dialetto veneto occidentale o veronese è un complesso dialettale della lingua veneta.

Il gruppo è diffuso nella provincia di Verona entro il territorio delimitato dal Garda, dal Mincio dall'Adige e dal Po; esistono dunque particolari zone di interferenza con il bresciano e il mantovano.

Dal punto di vista storico, il veronese ha in realtà un substrato gallo-italico su cui si è successivamente imposto il veneto.

Caratteristiche

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I foni del veronese non sono troppo diversi da quelli veneziano in quanto le consonanti interdentali caratteristiche del veneto centrale (/θ/ e /ð/) sono assolutamente rare e limitate solo ad alcune varietà rustiche. Alcune zone tendono a sostituire il suono /s/ con una consonante sibilante simile a /ts/.

Viene persa la dittongazione derivante dal latino ĕ, per cui "viene" è tradotto con vén (vién in veneziano), "miele" con mél (mièl in veneziano) e via dicendo.

Il gruppo interno /kj/ si è evoluto in /d͡ʒ/ e quindi in /i/: si ha quindi spèio o, in certe zone, spèo ("specchio"). A Verona città, invece, l'esito è del tutto analogo al veneziano con il fono /t͡ʃ/: spècio.

Conservazione delle consonanti

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La consonante /v/ è molto debole in posizione interna (péar "pepe", veneziano pévare; pióa "pioggia", veneziano pióva) e nelle varianti rustiche anche ad inizio parola (òlta "volta", veneziano vòlta).

A differenza di molti altri dialetti veneti la consonante /l/ viene mantenuta.

Conservazione delle vocali e suffissi

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Le vocali finali tendono a cadere, sebbene con modalità differenti rispetto al feltrino-bellunese. Di conseguenza, i suffissi latini -ārius e -ĕŏlus sono resi rispettivamente con -ar (scarpàr "calzolaio", mulinàr "mugnaio") e -ól (paról "paiolo", fiól "figlio"). Inoltre, il corrispondente del veneziano -ièr e del centrale -iéro è -ér: mestér "mestiere", contrapposto a mestièr e mestiéro.

Specialmente nei dialetti rustici risulta assai diffuso il metaplasmo per ricondurre tutti i maschili in /o/ e i femminili in /a/: dolso ("dolce"), verdo ("verde"), zóino e zóina ("giovane"), féara ("febbre"), parento e parenta ("parente").

Il latino -āti (participio passato maschile plurale) ha prodotto -è: quindi malè ("ammalati"), andè ("andati"); in aggiunta, prè ("prati") e cugné ("cognati").

Tra i pronomi spiccano le che è anche maschile singolare (i te le dà "te lo danno"), nonché l'interrogativo ci "chi" (ci èlo? "chi è?"), da non confondere con chi "qui".

Per quanto riguarda la coniugazione interrogativa, il veronese presenta uno schema del tutto particolare. Si citano in particolare:

  • sónti?, gónti? e dorménti? ("sono (io)?", "ho (io)?" e "dormo (io)?")
  • situ? o sito? ("sei (tu)?")
  • èlo? ("è (lui)?)
  • sénti? ("siamo (noi)?")
  • sìo?, gaìo?, andéo? e dormìo? ("siete (voi)?", "avete (voi)?", "andate (voi)?" e "dormite (voi)?")
  • èi? o èli ("sono (essi)?")

Da ricordare, quale esempio, la formula sa fèto? ("cosa fai?" ovvero "come stai?").

Del lessico sono da notare alcune peculiarità: arfiar "respirare", riolar "fischiare" (veneziano "subiar"), butèl "giovanotto" con butìn e buteleto "bambino" (veneziano putìn e putèo "bambino"), guasso "padrino" (termine trentino di origene tedesca), dessedàrse "svegliarsi" (cfr. l'italiano destarsi), pessàda "pedata", reguso "fieno di secondo taglio", spiansar "spruzzare", tortór "imbuto" (da trasiectōrium), sdinsala "zanzara".

Esempio di poesia in veronese

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Uno dei più grandi esponenti letterari del dialetto veronese è forse da considerarsi Berto Barbarani. Di seguito è riportato un esempio di veronese letterario nella poesia Quà dove l'Adese:

(VEC)

«Qua, dove l'Adese, sensa fermarse
rompe nei ponti la so canson,
stao atento ai versi che pol negarse,
li tiro a riva, col me baston...

Li tegno al suto, li meto al caldo
parchè i renvegna, che i ciapa fià,
li mando a spasso sul Montebaldo
che li fa degni de sta çità.

Quando jè svelti, libari e pronti,
ridoti a l'uso de la rason,
mi che me godo guardar dai ponti,
rompo ne l'Adese la me canson...

Canto i molini, canto le ciese,
co la me solita sincerità,
canto le done del me paese
de un bel simpatico che no se sa...

Se la me vita de tutti i giorni
la va via ciara, canto così:
se la fortuna la me fa i corni
màstego amaro par tuto un dì;

me scondo drento de 'na ostaria,
nego la rabia drento nel vin...
Torna l'alegra malinconia,
caval del mato del me destin!»

(IT)

«Qui dove l'Adige, senza fermarsi
Rompe nei ponti la sua canzone
sto attento ai versi che possono annegare
li porto a riva, con il mio bastone...

Li tengo all'asciutto, li metto al caldo
cosicché tornino in sé, così che prendano fiato,
li mando a passeggiare sul Monte Baldo
che li rende degni di questa città.

Quando son svelti, liberi e pronti
ridotti all'uso della ragione
io che mi diverto a guardare il paesaggio dai ponti
rompo nell'Adige la mia canzone...

Canto i mulini, canto le chiese,
con la mia sincerità di sempre,
canto le donne del mio paese
così bene che non si sa...

Se la mia vita di tutti i giorni
va via chiara, liscia, canto così:
se la fortuna mi fa le corna
mi rodo per tutto il giorno;

mi nascondo dentro un'osteria
annego la rabbia nel vino...
Torna l'allegra malinconia
a cavallo del mio pazzo destino!»

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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(VEC) Sito in dialetto veronese www.larenadomila.it e Museo Berto Barbarani









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