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Ali ibn Ridwan

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Abū l-Ḥasan ʿAlī ibn Riḍwān al-Miṣrī (Giza, 988 circa – 1061 circa) è stato un medico musulmano egiziano, un astrologo e un astronomo.

Ali ibn Ridwan

Commentò libri di antica medicina greca, e in particolare opere di Galeno. Il suo Commentario dell’Ars Parva di Galeno fu più tardi tradotta da Gherardo da Cremona. È anche noto per la sua osservazione della supernova SN 1006 nell'anno 1006.[1] Tale descrizione è all'interno del suo Commentario sull'opera di Claudio Tolomeo nota come Tetrabiblos.

Fu in seguito ampiamente ricordato come Haly, o Haly Abenrudian. Secondo A. C. Crombie[2] contribuì anche alla teoria dell'induzione. Fu impegnato in una celebre polemica scientifica contro un altro medico, Ibn Butlan,[3] ma in realtà il suo carattere lo portò spesso a polemizzare animosamente con altri scienziati, del passato e contemporanei, come Hunayn ibn Ishaq, al-Rāzī, il tunisino Ibn al-Jazzār e Ibn al-Ṭayyib.[4]

  • Un commentario sul Tetrabiblos di Claudio Tolomeo (lo pseudo-tolemaico Centiloquio e i suoi Commentari, spesso attribuiti a lui sono invece più probabilmente da attribuire ad Ahmad ibn Yusuf ibn al-Daya)
  • De revolutionibus nativitatum, edito da Luca Gaurico, stampato a Venezia (1524)
  • Tractatus de cometarum significationibus per xii signa zodiaci, stampato a Norimberga (1563)
  • Estratti (perduti in greco) dei commenti di Galeno al De humoribus e al De alimento di Ippocrate (manoscritto di Cambridge Dd. 12.1). Negli estratti al commento pseudogalenico al De natura pueri ippocratico ricorda di aver visto un bambino barbuto e peloso in Egitto nell'anno 426 dell'Egira (1034).
  1. ^ Star light, star brightest: the supernova of A.D. 1006 di Francis Reddy, su celestialdelights.info. URL consultato il 25 maggio 2009 (archiviato dall'url originale l'11 marzo 2007).
  2. ^ Augustine to Galileo 2, p. 25.
  3. ^ J. Schacht e M. Meyerhof, The medico-philosophical controversy between Ibn Butlan of Baghdad and Ibn Ridwan of Cairo, Cairo, Egyptian University, 1937.
  4. ^ Ibn Abi Uṣaybiʿa, ʿUyūn al-anbāʾ, II, pp. 99-105.

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