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Libero (quotidiano)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Libero
StatoItalia (bandiera) Italia
Linguaitaliano
Periodicitàquotidiano
Generestampa nazionale
FormatoBerlinese a 6 colonne
FondatoreVittorio Feltri
Fondazione18 luglio 2000
SedeVia dell'Aprica, 18, Milano
EditoreEditoriale Libero S.r.l.[2]
Tiratura55 796[1] (2022)
Diffusione cartacea18 928[1] (2022)
Diffusione digitale1 185[1] (2022)
DirettoreDaniele Capezzone (direttore editoriale)
Mario Sechi (direttore responsabile)
CondirettorePietro Senaldi
VicedirettoreLorenzo Mottola, Fausto Carioti e Andrea Tempestini
Redattore capoLorenzo Mottola
ISSN1591-0423 (WC · ACNP) e 2531-615X (WC · ACNP)
Distribuzione
cartacea
Edizione cartaceasingola copia/
abbonamento
multimediale
Edizione digitalesu abbonamento
Canale TVLibero TV
Sito webliberoquotidiano.it
 

Libero è un quotidiano italiano fondato nel 2000 da Vittorio Feltri, con sede a Milano e una diffusione media di 18.400 copie a marzo 2024.[3]

Collocato tra i principali quotidiani italiani politicamente vicini all'area di centro-destra, è di proprietà dell'imprenditore della sanità, immobiliarista e politico Antonio Angelucci[4], che controlla la società Editoriale Libero attraverso la Fondazione San Raffaele e Finanziara Tosinvest.

Il primo numero del quotidiano esce in edicola il 18 luglio 2000, sotto la direzione di Vittorio Feltri e Franco Garnero. La testata è stata disegnata dal grafico Franco Bevilacqua e il nuovo quotidiano appartiene all'area del centro-destra. Come ha scritto Oscar Giannino (2007):

«Molti dei nostri lettori comprano Libero e Libero mercato perché ci trovano una voce fuori dal coro e dai partiti, ma a favore di una visione nettamente liberale e liberista, antitassaiola e antisprechi pubblici, diffidente di ogni eccesso partitico [...], oltre che diffidente degli eccessi della magistratura, quando poi la giustizia e la sicurezza per i cittadini qualunque non sono garantiti.»

L'organico è costituito da venti giornalisti professionisti e altrettanti praticanti. Tra i professionisti, Renato Farina (vicedirettore) e Luigi Santambrogio costituiscono, insieme con il direttore, lo “stato maggiore” del quotidiano. Gianluca Marchi è il caporedattore centrale; Mattias Mainiero guida la redazione romana (incarico assolto nei primi anni). Nel 2001 giunge in redazione, proveniente dal settimanale Panorama, Alessandro Sallusti, il quale salirà tutti i gradini della gerarchia fino a diventare direttore responsabile.

In occasione dei fatti del G8 di Genova Libero tocca la vetta delle 70.000 copie vendute[5].

Nel marzo 2005 Libero lancia una raccolta di firme affinché il Presidente della Repubblica nominasse Oriana Fallaci[6] senatrice a vita, raggiungendo la quota di 75.000 firme[7]. Nel 2006 Libero ha sostenuto il movimento dei Riformatori Liberali di Benedetto Della Vedova, minoranza radicale passata al centro-destra. Vittorio Feltri è uno dei firmatari del loro manifesto[8]. Nello stesso anno il quotidiano pubblica un "falso" dossier di Renato Farina, preparato dal Sismi, secondo cui Romano Prodi avrebbe autorizzato, come Presidente della Commissione Europea, le '"consegne extralegali" della CIA in Europa, come nel caso di Abu Omar. Per tale dossier Farina viene condannato a sei mesi di reclusione per favoreggiamento[9]. Durante la campagna elettorale del 2006 Libero raggiunge le 100.000 copie di vendita media mensile, grazie anche all'annuncio del Corriere della Sera, primo quotidiano italiano, di schierarsi a favore di una delle due coalizioni in campo, L'Ulivo[10].

Dal 1º gennaio 2007 al 15 luglio 2008 Alessandro Sallusti assume la carica di direttore responsabile, con Vittorio Feltri direttore editoriale. Le pagine di economia diventano un dorso allegato al giornale, con una propria testata, Libero mercato, ed un proprio direttore, Oscar Giannino. Il progetto termina nel febbraio 2009, quando si interrompe la collaborazione di Giannino al quotidiano. Nel febbraio 2007 sono stati arrestati alcuni membri di una cellula delle Brigate Rosse con l'accusa di aver progettato un attentato terroristico alla sede di Libero. Secondo tale accusa, dopo ripetuti appostamenti i neo-brigatisti Ghirardi e Latino intendevano compiere un attentato incendiario per il giorno di Pasqua con «benzina ed acido da versare dentro»[11].

Nell'agosto 2009 Vittorio Feltri, direttore editoriale del quotidiano ininterrottamente dalla sua fondazione (dal 15 luglio 2008 anche direttore responsabile) ed Alessandro Sallusti lasciano per andare al Giornale, quotidiano concorrente. Viene nominato direttore Maurizio Belpietro, proveniente da Panorama. Dal novembre del 2009 il quotidiano è consultabile online nella versione uguale al formato cartaceo. Dal 26 ottobre 2015 il quotidiano esce anche il lunedì, passando da sei a sette uscite settimanali. Tra il 21 dicembre 2010 e il 3 giugno 2011 Feltri è di nuovo direttore editoriale del quotidiano, lasciando poi la direzione a Belpietro.

La direzione di Belpietro è caratterizzata da un forte calo delle copie vendute, che calano di più del 70% nel periodo tra il 2011 ed il 2016, fino a toccare il minimo storico nel 2017. Nel maggio 2016 l'editore Angelucci rimuove Belpietro dalla carica di direttore, richiamando al suo posto Feltri, affiancato da Pietro Senaldi, rispettivamente come direttore editoriale e direttore responsabile. In seguito a ciò, Belpietro lascia Libero insieme ad alcuni giornalisti della redazione e fonda il quotidiano La Verità.[12][13]

Nel 2018, dopo diversi anni di perdite, si assiste ad una crescita delle copie vendute[14][15]. Il 6 novembre 2019, in un'intervista al quotidiano Italia Oggi, il direttore editoriale Vittorio Feltri annuncia la chiusura in utile del bilancio 2019[16]. Nel maggio 2021 Alessandro Sallusti torna a Libero, subentrando nel ruolo di direttore responsabile a Senaldi, che rimane condirettore.

Maurizio Costanzo ha tenuto una rubrica di critica televisiva sul quotidiano. Il suo ultimo pezzo è stato pubblicato il 21 febbraio 2023, tre giorni prima della sua morte.

Il 7 settembre 2023 il direttore editoriale Feltri cede il ruolo a Daniele Capezzone, mentre il direttore responsabile Sallusti torna a dirigere Il Giornale, dove era già stato per 11 anni, e viene sostituito da Mario Sechi, già capo dell'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio.

  • Franco Garnero, direttore responsabile (18 luglio 2000 - 1º gennaio 2007), Vittorio Feltri, direttore editoriale (18 luglio 2000 - 15 luglio 2008)
  • Alessandro Sallusti, direttore responsabile (1º gennaio 2007 - 15 luglio 2008), Vittorio Feltri, direttore editoriale (18 luglio 2000 - 15 luglio 2008)
  • Vittorio Feltri (15 luglio 2008 - 1º agosto 2009)
  • Gianluigi Paragone, ad interim (1º agosto 2009 - 13 agosto 2009)
  • Maurizio Belpietro, direttore responsabile (13 agosto 2009 - 18 maggio 2016), Vittorio Feltri, direttore editoriale (21 dicembre 2010 - 3 giugno 2011)
  • Pietro Senaldi, direttore responsabile (19 maggio 2016[17] - 16 maggio 2021), condirettore responsabile (17 maggio 2021 - in carica), Vittorio Feltri, direttore editoriale (19 maggio 2016[18] - 6 settembre 2023)
  • Alessandro Sallusti, direttore responsabile (17 maggio 2021 - 6 settembre 2023)
  • Mario Sechi, direttore responsabile (7 settembre 2023 - in carica)
  • Daniele Capezzone, direttore editoriale (7 settembre 2023 - in carica)

Struttura, allegati e inserti

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Il giornale è composto dalle seguenti sezioni: Primo Piano, Italia, Esteri, Economia, Salute, Spettacolo, Sport e "Le Lettere", rubrica curata da Fausto Carioti. Il quotidiano presenta una foliatura media di 32 pagine, ad eccezione del lunedì, quando esce in 24 pagine. Nella provincia di Milano, gli viene allegato Libero Milano, inserto locale di 8 pagine.

Tra maggio 2007 e febbraio 2009 Libero è uscito con un doppio dorso. L'edizione principale era accompagnata, in abbinamento obbligatorio, da LiberoMercato, inserto economico-finanziario. In seguito l'inserto è stato riassorbito all'interno del quotidiano.

Nel marzo 2011 Libero ha distribuito gratuitamente, in 30 fascicoli allegati, i cosiddetti «Diari di Mussolini». L'iniziativa fu presa 4 anni dopo la presunta scoperta dei diari da parte di Marcello Dell'Utri, che raccontò di averli ricevuti dai figli di un partigiano deceduto del quale si rifiutò di rivelare il nome[19].

Dall'8 gennaio 2012 al 15 maggio 2016, per un totale di 216 numeri, Libero ha ospitato ogni domenica un inserto satirico denominato LiberoVeleno, fondato e diretto da Francesco Borgonovo e Alessio Di Mauro. A LiberoVeleno hanno collaborato fra gli altri Giuseppe Pollicelli, Walter Leoni, Maurizio Milani, Ottavio Cappellani, Gemma Gaetani e Stefano Pisani.

Variazioni dell'assetto proprietario

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  • All'atto della fondazione (luglio 2000) Vittorio Feltri detiene il 51% delle quote; il resto è suddiviso tra altri tre soci: Umberto Giovine, Lello Garosci (imprenditore nella grande distribuzione) e Massimo Massano, editore del settimanale «Il Borghese». Pochi mesi dopo l'imprenditore riminese Stefano Patacconi rileva il 18,6% della società. Successivamente diventa l'azionista di riferimento[20];
  • Nel 2001 Libero è rilevato dal gruppo Tosinvest di Antonio Angelucci, attivo nel settore della sanità e dell'immobiliare. Con l'aiuto della banca romana Capitalia, gli Angelucci hanno investito 30 milioni nel quotidiano, trasformandolo da giornale regionale a giornale nazionale.[21]
  • Nel 2007 l'Editoriale Libero S.r.l., società editrice del quotidiano, viene ceduta alla Fondazione San Raffaele, controllata dalla famiglia di Angelucci.
  • A fine 2010 Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro (direttore responsabile) diventano azionisti del quotidiano[22]. I due giornalisti acquistano il 10% ciascuno della società editrice. Nonostante posseggano una quota di minoranza, ottengono la gestione del giornale. Grazie a una serie di patti parasociali, Feltri e Belpietro detengono anche la maggioranza nel consiglio di amministrazione.

Finanziamenti pubblici

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Nel 2003 Libero ha chiesto ai proprietari del bollettino Opinioni Nuove di prendere in affitto la testata. Il quotidiano è diventato ufficialmente il supplemento dell'organo ufficiale del Movimento Monarchico Italiano. In questo modo ha potuto beneficiare di 5.371.000 euro come finanziamento pubblico agli organi di partito[23], secondo quanto previsto dalla Legge 7 marzo 2001, n. 62[24].

Il d.P.R. 7 novembre 2001, n. 460 ha favorito la trasformazione in cooperative per tutte le imprese che intendono chiedere finanziamenti pubblici. Nel 2004 Libero ha acquistato la testata Opinioni Nuove e si è poi trasformato in cooperativa di giornalisti. Nei sette anni che intercorrono dal 2003 al 2009, Libero ha beneficiato di contributi pubblici per 40 milioni di euro[25]. Nel 2006 il quotidiano ha chiuso il bilancio con profitti per 187000 [21].

Nel febbraio 2011, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) con la delibera 63/11/CONS[26], ha sanzionato il senatore Antonio Angelucci per omessa comunicazione di controllo per i giornali «Opinioni Nuove Libero Quotidiano» («Libero») e «Il Nuovo Riformista». La Commissione Consultiva sull'editoria presso la Presidenza del Consiglio, preso atto della sanzione comminata dall'Agcom, ha stabilito che i due quotidiani dovranno restituire i circa 43 milioni di euro di contributi percepiti negli anni 2006-2010[27].

Libero è spesso oggetto di controversie per i suoi titoli irriverenti, forti o di dubbia veridicità. All'accusa di essere l'espressione di sentimenti anti-sinistra (soprattutto contro il PD, al governo nella XVII legislatura), il fondatore Vittorio Feltri ha risposto con queste parole: «Noi non insultiamo nessuno, noi registriamo la realtà. La raccontiamo per quello che è, punto e chiuso»[28].

Il 14 novembre 2015, all'indomani degli attacchi terroristici islamisti di Parigi che causarono la morte di 137 persone e il ferimento di altre 368, il quotidiano uscì con in prima pagina un editoriale del direttore Belpietro intitolato Bastardi islamici[29], scatenando numerose polemiche, soprattutto tra la comunità musulmana. Il giorno dopo Belpietro dichiarò a propria difesa: "È come se un cattolico uccidesse delle persone e qualcuno scrivesse "bastardi cattolici", ci è stato obiettato. Non tutti gli islamici sono terroristi, non tutti i cattolici sono persone pacifiche. Vero. Ma noi non abbiamo scritto che tutti gli islamici sono terroristi né lo abbiamo pensato (...) Noi non abbiamo insultato gli islamici in generale. Noi abbiamo scritto: Bastardi (sostantivo) islamici (aggettivo). La lingua italiana è chiara, non lo è solo per chi è in malafede e non vuole vedere la realtà."[30]. A seguito di tale avvenimento, tuttavia, Belpietro venne rinviato a giudizio nel marzo 2017 dal tribunale di Milano con l'accusa per istigazione all'odio razziale. Nel dicembre dello stesso anno venne assolto, in quanto il fatto non costituisce reato[31][32].

Il 23 gennaio 2019 il quotidiano titolò in prima pagina Calano il fatturato e il Pil ma aumentano i gay, scatenando non poche polemiche.[33]

Il 4 marzo 2020, mentre in tutta Italia stava esplodendo la pandemia di COVID-19, il quotidiano venne deferito al Consiglio Nazionale di Disciplina dell'Ordine dei Giornalisti per aver reiterato scelte scorrette sul titolo in prima pagina, scrivendo: "L'infezione crea l'unità d'Italia, Virus alla conquista del sud".[34]

Provvedimenti di censura

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Il 29 settembre 2000 Libero pubblica fotografie pornografiche di minori giudicate impressionanti e raccapriccianti, che costano a Vittorio Feltri un provvedimento di censura da parte dell'Ordine dei giornalisti[35][36][37][38].

Accuse di disinformazione

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Islam

Il 30 gennaio 2016 il quotidiano pubblica l'articolo L’Islam si evolve: dal burqa alla museruola, a cura di Souad Sbai[39], dove viene riportata la notizia della diffusione nel mondo islamico di una sorta di "museruola per donne", definita nell'articolo come "un attrezzo per azzittire e umiliare" introdotta da fondamentalisti salafiti. Nonostante le immagini presenti nell'articolo siano autentiche, la notizia si rivela manipolata, se non una vera e propria bufala[40]; infatti gli oggetti presenti nelle foto non sono "museruole" ma maschere boregheh, oggetto tradizionale utilizzato dalle donne del popolo dei Bandari, originariamente con lo scopo di simulare dei baffi, probabilmente per disincentivare gli abusi degli schiavisti che si aggiravano per i villaggi. L'articolo inoltre contiene altri errori, come l'attribuzione delle maschere ai salafiti, ramo ortodosso del sunnismo, quando invece la maggioranza dei Bandari è sciita e vive nell'Iran meridionale.[41]

Il 31 marzo 2016 pubblica in prima pagina l'articolo Il Comune che vieta la minigonna: vergognosa sottomissione all'islam, poi ripreso anche da Il Giornale[42], dove viene riportata una notizia secondo cui nel municipio di Amsterdam di Nieuw West, nei Paesi Bassi, sarebbe stato vietato alle donne di indossare la minigonna in pubblico per evitare di offendere o irritare gli immigrati musulmani.[43] La notizia viene in seguito smentita da altri giornali[44][45], dove viene dichiarato che il divieto della minigonna esiste ma non ha nulla a che fare con l'Islam, risultando parte di un codice di abbigliamento a cui sono sottoposti i dipendenti pubblici.[46]

Negazionismo del riscaldamento globale

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La testata ha negato in più occasioni il problema del riscaldamento globale[47][48], asserendo invece che la temperatura della Terra si stia alzando per cause esclusivamente o quasi esclusivamente naturali.[49]
Il 18 aprile 2019, in occasione della visita di Greta Thunberg a Papa Francesco, il giornale, come già citato, esce con una prima pagina fortemente provocatoria dedicata alla sedicenne attivista contro il cambiamento climatico.[50][51].

La diffusione di un quotidiano si ottiene, secondo i criteri di Accertamenti Diffusione Stampa (ADS), dalla somma di: Totale Pagata[52] + Totale Gratuita + Diffusione estero + Vendite in blocco.
Dal 2021 ADS ha abbandonato la distinzione tra copia cartacea e copia digitale, che è stata sostituita dalla distinzione tra «vendite individuali» (copie pagate dall’acquirente) e «vendite multiple» (copie pagate da terzi).

Anno Diffusione
2023 22532
2022 21945
2021 23716
Anno Totale diffusione
(cartacea + digitale)
Diffusione cartacea Tiratura
2020 27584 25836 73735
2019 28380 27294 79109
2018 28380 27294 79109
2017 27036 26166 74297
2016 40178 39292 79306
2015 51288 50404 95450
2014 63882 62972 104109
2013 87626 86734 133230
Anno Diffusione
2012 91247
2011 105796
2010 105127
2009 113575
2008 119153
2007 125802
2006 126356
2005 72492
2004 59227
2003 48310
2002 43007
2001 41429

Dati Ads - Accertamenti diffusione stampa.

  1. ^ a b c Accertamenti Diffusione Stampa, su adsnotizie.it. URL consultato il 1º febbraio 2022.
  2. ^ Proprietari: Fondazione San Raffaele, 60% e Tosinvest, 40% (dal 2014), entrambe riconducibili alla famiglia di Antonio Angelucci.
  3. ^ I quotidiani a marzo, su Il Post. URL consultato il 10 luglio 2024.
  4. ^ 'Giù le mani dalla Lombardia': su Libero la difesa della sanità regionale è a firma di Formigoni, condannato per tangenti nella sanità regionale, su Il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2020. URL consultato il 18 maggio 2020 (archiviato il 23 maggio 2020).
  5. ^ Vittorio Feltri, Libero è vivo e rompe ancora le scatole in «Libero», 18 luglio 2018, pag. 19.
  6. ^ La grande giornalista toscana pubblicò degli articoli su «Libero» tra il 2003 e il 2006. Vittorio Feltri, "Vi racconto la mia amica e i suoi ultimi giorni con me" Archiviato il 22 ottobre 2019 in Internet Archive., Libero, 16 Settembre 2019.
  7. ^ I documenti di Panorama n. 19
  8. ^ Riformatori Liberali: Siamo l'anima libertaria della Cdl, su benedettodellavedova.com, 14 ottobre 2006. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato dall'url originale l'11 febbraio 2009).
  9. ^ Così colpisce la fabbrica dei dossier al servizio del Cavaliere, su repubblica.it, La Repubblica, 11 ottobre 2010. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 21 novembre 2015).
  10. ^ Stefano Lorenzetto, Il Vittorioso, Marsilio, 2010. Pag. 182.
  11. ^ Capi br arrestati all'alba dopo summit segreto, su corriere.it, 14 febbraio 2007. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 17 novembre 2015).
  12. ^ Libero, Maurizio Belpietro licenziato per divergenze con l'editore. Al suo posto Vittorio Feltri, su L’Huffington Post, 17 maggio 2016. URL consultato il 23 gennaio 2019 (archiviato il 16 novembre 2018).
  13. ^ Belpietro fonda "La Verità" e racconta "I Segreti di Renzi" | Il Quotidiano del Lazio |, su ilquotidianodellazio.it. URL consultato il 23 gennaio 2019 (archiviato il 23 gennaio 2019).
  14. ^ Un grazie a tutti i lettori, salgono le vendite di Libero. Cifre: primi in Italia per crescita, su liberoquotidiano.it. URL consultato il 23 gennaio 2019 (archiviato il 23 gennaio 2019).
  15. ^ Per Libero vendite da record. Vittorio Feltri ringrazia i nostri lettori: "Qual è la mia vera aspirazione", su liberoquotidiano.it. URL consultato il 23 gennaio 2019 (archiviato il 24 gennaio 2019).
  16. ^ Claudio Pellizzotta, Stringi e stringi Libero è salvo, in Italia Oggi, 6 novembre 2019. URL consultato il 6 novembre 2019 (archiviato il 6 novembre 2019).
  17. ^ Libero, Senaldi nominato direttore responsabile, su lettera43.it. URL consultato il 24 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2016).
  18. ^ Vittorio Feltri direttore di Libero. E Maurizio Belpietro…, su algheronewsitaly.com. URL consultato il 24 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2016).
  19. ^ I diari erano già stati ritenuti falsi nel 1980 da una perizia commissionata dal quotidiani londinese Times, nei primi anni 90 dalla casa d'aste Sotheby's, nel 1992 da una perizia commissionata dalla Feltrinelli e nel 2004 dagli storici Emilio Gentile e Roberto Travaglini.
  20. ^ Mario Guarino, Mercanti di parole. Storie e nomi del giornalismo asservito al potere, Edizioni Dedalo, 2012, pag. 185. Patacconi muore il 3 ottobre 2001.
  21. ^ a b Marco Cobianchi, Niente fidi per "L'Unità" alla famiglia Angelucci, «Panorama», 27/11/2007
  22. ^ Feltri e Belpietro diventano azionisti di «Libero», su corriere.it, 17 dicembre 2010. URL consultato il 18 dicembre 2010 (archiviato il 19 dicembre 2010).
  23. ^ Il finanziamento quotidiano, su report.rai.it, 23 aprile 2006. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2010).
  24. ^ Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.
  25. ^ Aldo Forbice, Giancarlo Mazzuca, I Faraoni. Come le mille caste del potere pubblico stanno dissanguando l'Italia. Piemme, 2009, pag. 262.
  26. ^ Delibera 63-11-CONS - Documento - AGCOM, su agcom.it. URL consultato l'8 settembre 2017 (archiviato l'8 settembre 2017).
  27. ^ Feltri e Riformista senza contributi pubblici, su ilmanifesto.info, 30 marzo 2011. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 20 novembre 2015).
  28. ^ I titoli di Libero scandalizzano ancora?, su wired.it. URL consultato il 29 settembre 2017 (archiviato il 29 settembre 2017).
  29. ^ Belpietro: Bastardi islamici, su liberoquotidiano.it, 14 novembre 2015. URL consultato il 15 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2018).
  30. ^ "Bastardi islamici": bufera su Libero, su today.it, 15 novembre 2015. URL consultato il 15 aprile 2018 (archiviato il 15 aprile 2018).
  31. ^ Maurizio Belpietro rinviato a giudizio per il titolo "Bastardi Islamici" sulla copertina di Libero dopo la strage del Bataclan, su huffingtonpost.it, 1º marzo 2017. URL consultato il 15 aprile 2018 (archiviato il 15 aprile 2018).
  32. ^ Belpietro assolto per il titolo su Libero ‘Bastardi islamici’. ‘Non volevo offendere’, su ilfattoquotidiano.it, 18 dicembre 2017. URL consultato il 15 aprile 2018 (archiviato il 15 aprile 2018).
  33. ^ Editoria, Crimi: "Ignobile titolo omofobo di 'Libero', valutiamo lo stop ai fondi". La replica: "Ci chiudano pure, il governo non può censurarci", su repubblica.it. URL consultato il 23 gennaio 2019 (archiviato il 23 gennaio 2019).
  34. ^ Libero deferito al Consiglio di Disciplina, “Scelta reiterata su temi di rilevanza sociale”, su odg.it. URL consultato il 5 marzo 2020 (archiviato il 10 marzo 2020).
  35. ^ La prima decisione venne presa a Milano e fu la radiazione (21 novembre 2000). Il fatto contestato fu la «pubblicazione alla pagina 3 dell'edizione del 29 settembre 2000 del quotidiano di sette fotografie impressionanti e raccapriccianti di bambini ricavate da un sito pornografico reso disponibile dai pedofili russi e di un'ottava fotografia a pagina 4 (raffigurante una scena di violenza tratta dai video di pedofilia sequestrati dalla magistratura), fotografie che appaiono tutte contrarie al buon costume e tali (…), da poter turbare il comune sentimento della morale e l'ordine familiare». Nel febbraio del 2003 l'Ordine Nazionale dei giornalisti di Roma annullò il provvedimento di radiazione che era stato preso a Milano e lo convertì in censura.
  36. ^ Ordine dei giornalisti - Decisioni, documenti e giurisprudenza dal 1996 (PDF), su odg.it. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
  37. ^ Il 'caso Feltri', su difesadellinformazione.com. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 7 aprile 2015).
  38. ^ Immagini raccapriccianti e impressionanti, reato letto attraverso le sentenze dei giudici, su francoabruzzo.it. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 21 novembre 2015).
  39. ^ Museruola islamica, donne sottomesse: il "gingillo" spopola e si compra online, su liberoquotidiano.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 2 marzo 2017).
  40. ^ La bufala di Libero sulle “museruole islamiche”, su ilpost.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  41. ^ Le donne islamiche non portano la “museruola”, su wired.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  42. ^ Per non urtare i musulmani l'Olanda vieta la minigonna, su ilgiornale.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  43. ^ Il Comune che vieta la minigonna: vergognosa sottomissione all'islam, su liberoquotidiano.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  44. ^ L’Olanda vieta la minigonna per non urtare i musulmani, su butac.it. URL consultato il 5 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2017).
  45. ^ «Sconsigliata la minigonna» - Il Comune fa infuriare l’Olanda, su corriere.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  46. ^ L’Olanda ha davvero vietato la minigonna?, su ilpost.it. URL consultato il 1º marzo 2017 (archiviato il 2 marzo 2017).
  47. ^ "Sul meteo 15 anni di menzogne". Truffa planetaria: chi ora è ricco. URL consultato il 29 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 29 agosto 2018).
  48. ^ Il riscaldamento globale fa un gran bene alla Terra. Il documento che smonta la scienza catastrofista. URL consultato il 29 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 29 agosto 2018).
  49. ^ Tutte le bufale riciclate ad agosto | nextQuotidiano, in nextQuotidiano, 28 agosto 2018. URL consultato il 29 agosto 2018 (archiviato il 28 agosto 2018).
  50. ^ Gianmichele Laino, Greta in Italia, gli insulti di Libero: «Vieni avanti Gretina», in 18 aprile 2019, 19 aprile 2019. URL consultato il it (archiviato il 19 aprile 2019).
  51. ^ autore, Libero colpisce ancora: insulta Greta Thunberg in prima pagina, come fa con tutte le donne, in 18 aprile 2019, 19 aprile 2019. URL consultato il it (archiviato il 19 aprile 2019).
  52. ^ Che a sua volta comprende le vendite per copia singola e gli abbonamenti.

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