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Andromaca (Euripide - Romagnoli)/Quarto stasimo: differenze tra le versioni

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Versione attuale delle 20:22, 3 ott 2024

Quarto stasimo

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Euripide - Andromaca (420 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1931)
Quarto stasimo
Quarto episodio Quinto episodio


[p. 77 modifica]


coro

Strofe I

O Febo, che di valide
torri munisti la collina d’Ilio,
e tu, Nume del mar, che sopra ceruli
cavalli il cocchio tuo spingi sul pelago,
perché lasciar della man nostra l’opera
ad Eníalo in balía
feroce, onde poi Troia
onde poi Troia misera pería?

Antistrofe I

Molti, lunghessi i margini
del Simèta aggiogaste ai cocchi rapidi,
corsieri, e molte provocaste d’uomini
contese, che corona al crin non cinsero.
Ed i re d’Ilio sterminati caddero;
né su l’are dei Numi
in Ilio piú la fulgida
fiamma brillò fra gli odorosi fumi.

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Strofe II

E per man della sua sposa, Agamènnone
cadde; e per man dei figli, ella medesima
fu spenta; e sangue compensò l’eccidio
del Dio, del Dio su lei piombò l’oracolo,
allor che d’Argo dell’Atride il germine
giunse, che penetrato era del Dio
nel tempio arcano; e giunse al matricidio.
O Febo, o Nume, e crederlo posso io?

Antistrofe II

E molte spose per le vie de l’Èllade
levâr sui figli uccisi ululi e gemiti,
e abbandonâr le case antiche, e mossero
ad altro sposo: le sciagure orribili
non te soltanto e i cari tuoi colpirono:
tutta il morbo colpí l’Èllade; e lampi
d’interna strage saettando, un fulmine
tutti solcò di Frigia i pingui campi.

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