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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/50

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42 EURIPIDE

abbia il tuo pie’ su le nemiche torri.
Per abbatterne i muri io son qui giunto,
per arder teco dei nemici i legni.
ettore
O d’una madre armoniosa, o d’una
delle Muse figliuolo, e dello Strímone
fiume di Tracia, a me dir sempre il vero
piace, ché doppio non sono io. Da tempo,
da lungo tempo già, dovuto avresti
di questa terra alla difesa accorrere,
e non lasciar, che, per tua parte, almeno,
sotto l’armi nemiche Ilio cadesse.
Né dir potrai che non venisti, aiuto
non ci recasti, non badasti a nơi
perché gli amici a te non ricorressero.
E quale araldo, e quale ambasceria
di Frigi a te non giunse, a farti supplica
per la nostra città? Qual di presenti
pregio a te non mandammo? E tu, che sei
barbaro, sei parente nostro, i barbari,
per conto tuo, tradisti ai Greci. Eppure,
da signorotto, eccelso re dei Traci
con questa man ti resi, allor che intorno
di Pange al monte e ai campi dei Peóni,
sui piú forti dei Traci a fronte a fronte
piombai, spezzai le loro pèlte, e il popolo
servo a te diedi. A questo gran favore
vibrasti un calcio, e ben tardi a soccorrere
giungi gli amici dai malanni oppressi.
Da un pezzo invece qui venuti, molti

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